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Le "terapie intelligenti"-Risposta Prof. Veronesi

La risposta del Prof. Umberto Veronesi al Prof. Renato Cimino sull'attuale stato dell'arte delle cd. "terapie intelligenti" nelle malattie neoplastiche



"Caro Renato, ritorno volentieri sull’argomento delle cosiddette terapie intelligenti, capaci cioè di riconoscere il bersaglio tumorale e di circoscrivere ad esso la propria azione distruttiva, ottenendo la massima efficacia e la minima tossicità.

In pratica questi farmaci, invece di intervenire direttamente sulle cellule per distruggerle, agiscono sugli elementi che ne regolano le funzioni (i geni o le proteine), per riportarle ad un comportamento normale. Alcuni sono già in uso: molecole come l'Iressa, il Glivec e l'Hercerptin, sono utilizzati nella cura di alcuni tipi di tumore in tutto al mondo.

Queste nuove terapie sfruttano i recettori, molecole che si possono trovare sulla membrana della cellula cancerosa e che funzionano come calamite naturali, come “antenne” molecolari che captano i segnali esterni di crescita per la cellula. Poiché ogni cellula tumorale costruisce sulla sua membrana dei recettori, se riusciamo a capire quali sono i recettori di un particolare tumore possiamo costruire degli anticorpi per eliminarlo.

Alcuni di questi recettori li abbiamo già identificati e stiamo già costruendo degli anticorpi (ossitocina, bonvesina, neurotensina e così via) che vagano per il corpo alla ricerca della propria controparte, come una chiave che deve adattarsi alla serratura corrispondente. Si trasmette così una terapia mirata, che va a colpire esclusivamente le cellule malate.


È questo il principio su cui si basa la radioterapia recettoriale, che utilizza l’attrazione fra anticorpi e recettori per effettuare una forma di radioterapia intraoperatoria, senza utilizzare fasci di radiazioni esterni. Questa terapia prevede l’iniezione di un radiofarmaco che, una volta entrato in circolo nell'organismo per via endovenosa, viene attratto fisiologicamente dal recettore. Quando le due molecole si congiungono, libera la sua carica radioattiva e distrugge le cellule tumorali. Un esempio di radioterapia recettoriale è la tecnica basata sull’affinità tra due proteine, l’avidina e la biotina.

Si è pensato che coniugando una delle due parti (la biotina) con un isotopo radioattivo e l’altra con un anticorpo diretto contro la cellula tumorale era possibile avere una radioterapia localizzata e potente. Infatti, somministrando l’anticorpo questo si va a legare alle cellule neoplastiche ed espone l’avidina. La quale, in presenza della biotina, stabilisce con essa un legame fortissimo. Poiché però la biotina è a sua volta legata all’isotopo, il risultato finale è una radioterapia mirata sulla singola cellula e diretta solo su quella tumorale. I tumori più sensibili a questo trattamento sono quelli cerebrali, in particolare il glioblastoma, e quelli dell’ovaio ma la sperimentazione anche su altri tipi di tumore".

01/06/2007

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